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Quando il lavoro è una gabbia che ci limita

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"Passavano i mesi e continuava a sfuggirmi il motivo per cui mi trovassi lì dentro. Mi sfuggiva il senso del mio lavoro, mi sfuggiva tutto. Continuavo a ripetermi, forse per rassicurarmi, che avrei compreso meglio con il tempo.

Chiedevo ai miei genitori, grandissimi sponsor del lavoro sicuro e con una grande esperienza alle spalle nel lavoro pubblico, se tutto quello che vedevo e sentivo giorno per giorno fosse “reale” o soltanto una mia impressione superficiale. O meglio, se combaciasse anche con la loro esperienza (dimenticando che quella era soltanto la loro esperienza). Per loro era tutto normale, non c’era niente di speciale, forse era lì il problema. Per loro quello era il miglior posto di lavoro che potesse capitarmi! Niente e nessuno avrebbero fatto cambiare questa loro convinzione.

Mi ripetevano da anni che il lavoro pubblico era l’unica seria possibilità di avere un lavoro degno di questo nome...e volevano che io diventassi ciò che loro desideravano, “soltanto” loro.

Il Ministero, con i suoi interminabili corridoi semibui, con le sue stanzone dai soffitti inutilmente alti e l’arredamento di altre epoche. Il Ministero con i suoi quadri enormi e tristi, registri cartacei che rappresentavano la volontà di conservazione.

Ricordo quando da piccino la mia mamma mi portava in un altro di questi strani posti di lavoro. Ricordavo le stanze grigie, buie, questi soffitti altissimi, il tavolo ricoperto di cartacce, timbri, penne. La cosa che più amavo erano i timbri. C'erano ancora i timbri a distanza di trent’anni! Il tempo era cristallizzato, sembrava che si fosse tutto fermato come trenta anni prima.

La burocrazia che sembra indicarci la strada fittizia del tempo che non scorre e della sfida alla morte. In quest’ambiente l’individuo è triturato nella sua creatività, nei suoi talenti e passioni.

E pian piano si spegne così come mi stavo spegnendo io.

Avevo difficoltà a spiegare cosa succedesse in quell’ambiente di lavoro a chi non era presente e non conoscesse. Passavano i mesi (che ormai divenivano anni) e tutti i miei tentativi di rendermi utile, di amare quel lavoro, di poter manifestare la mia iniziativa erano naufragati.

Andavo sempre a sbattere contro un muro di gomma invisibile, delle forze più forti di me, era una battaglia disperata.

Ricordo che mandavo ai miei superiori progetti, idee, iniziative scritte che inesorabilmente tornavano indietro vistate e con scritto grazie. Come a dire, si va bene sei bravo ma non ci interessa nulla!

Riprendevo poi le mie belle cartacce e continuavo a fare fotocopie, fax e a scrivere insensatezze. Quante fotocopie, quanti fax, quante lettere e parole insensate..quintali di carta! Un sistema che sembra disinteressarsi completamente della presenza di esseri umani con cuori palpitanti al suo interno. E’ un meccanismo freddo che va avanti a prescindere.

Quante fotocopie, fotocopie delle fotocopie. Ogni cosa che mi circondava era una fotocopia. Io stesso divenivo una fotocopia. La copia sbiadita di me stesso. La fotocopia non sarà mai come l’originale poiché è una copia."

 

Quella che avete letto è una pagina del nuovo libro (in fase di pubblicazione) di Luigi Miano, Coach che ho ospitato altre volte su questo sito, che racconta del suo "risveglio", del suo "momento quantico" in cui ha deciso di dare finalmente una svolta alla sua vita, anzichè seguire il percorso canonico e convenzionale, approvato da tutti tranne che da sè stesso!

Luigi ci racconta il suo modo di vivere e percepire il suo lavoro nella Pubblica Amministrazione...ma di fatto ci si può sentire in modo molto simile anche in qualunque altro tipo di azienda!

Al di là delle facili critiche ad un sistema ancora piuttosto immobile e immutabile come quello della PA, ciò che bisogna considerare è sempre  il rapporto tra la PERSONA e il LAVORO, tra la PERSONA e il CONTESTO in cui si trova ad operare!

Ci sono persone che si possono trovare bene a lavorare in un certo tipo di ambiente perchè corrisponde alle proprie caratteristiche e si combina con i propri valori.....per altri uno stesso ambiente diventa un inferno....!

So che può sembrare un'eresia parlare di insoddisfazione per il lavoro che si svolge mentre la crisi morde e la disoccupazione sale... invece credo che proprio questo sia il momento giusto per far emergere anche questo tipo di disagio!

Infatti, in un periodo di forte difficoltà per le imprese (e anche per le Amministrazioni pubbliche, strette dai tagli alla spesa), il clima interno ne risente fortemente: aumenta lo stress e con esso l'insofferenza, soprattutto di chi già non viveva bene il proprio posto di lavoro!

Diverse persone che mi contattano si sentono in colpa per il loro desiderio di cambiamento e sono influenzati (anche fortemente) dalle persone a loro più vicine che lo scoraggiano da prendere una decisione così "folle" e "rischiosa". E ovviamente hanno paura di lasciare un posto in cui si trovano male perchè è comunque sicuro, mentre il fuori, l'ignoto, il futuro da costruire, spaventa!

La disapprovazione (altrui) insieme alla paura (propria) finiscono  per ingabbiare e bloccare le persone nel loro status quo e le portano a riporre qualunque sogno o progetto nel cassetto: si convincono che bisogna stare con "i piedi per terra" ed "accontentarsi" di ciò che si ha...

E' per loro che ho deciso di pubblicare questo articoli, per farli sentire meno soli nel loro disagio e per spingerli a credere ad un possibile cambiamento, di cui loro stessi possono e devono essere i fautori!

Sono davvero rari i cambiamenti rapidi e indolori....ma è possibile iniziare a progettare una strada che conduca fuori dalla gabbia, ed a costruire con le nostre mani un luogo che ci accolga quando ne saremo usciti...!

 


di Mariangela Tripaldi
Psicologa del Lavoro abilitata, Coach specializzata nella Crescita professionale e nello Sviluppo di Carriera e Fondatrice di Coachlavoro.com.
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© Coachlavoro 2025 - Scegli, crea, cambia il tuo futuro.

"Passavano i mesi e continuava a sfuggirmi il motivo per cui mi trovassi lì dentro. Mi sfuggiva il senso del mio lavoro, mi sfuggiva tutto. Continuavo a ripetermi, forse per rassicurarmi, che avrei compreso meglio con il tempo.

Chiedevo ai miei genitori, grandissimi sponsor del lavoro sicuro e con una grande esperienza alle spalle nel lavoro pubblico, se tutto quello che vedevo e sentivo giorno per giorno fosse “reale” o soltanto una mia impressione superficiale. O meglio, se combaciasse anche con la loro esperienza (dimenticando che quella era soltanto la loro esperienza). Per loro era tutto normale, non c’era niente di speciale, forse era lì il problema. Per loro quello era il miglior posto di lavoro che potesse capitarmi! Niente e nessuno avrebbero fatto cambiare questa loro convinzione.

Mi ripetevano da anni che il lavoro pubblico era l’unica seria possibilità di avere un lavoro degno di questo nome...e volevano che io diventassi ciò che loro desideravano, “soltanto” loro.

Il Ministero, con i suoi interminabili corridoi semibui, con le sue stanzone dai soffitti inutilmente alti e l’arredamento di altre epoche. Il Ministero con i suoi quadri enormi e tristi, registri cartacei che rappresentavano la volontà di conservazione.

Ricordo quando da piccino la mia mamma mi portava in un altro di questi strani posti di lavoro. Ricordavo le stanze grigie, buie, questi soffitti altissimi, il tavolo ricoperto di cartacce, timbri, penne. La cosa che più amavo erano i timbri. C'erano ancora i timbri a distanza di trent’anni! Il tempo era cristallizzato, sembrava che si fosse tutto fermato come trenta anni prima.

La burocrazia che sembra indicarci la strada fittizia del tempo che non scorre e della sfida alla morte. In quest’ambiente l’individuo è triturato nella sua creatività, nei suoi talenti e passioni.

E pian piano si spegne così come mi stavo spegnendo io.

Avevo difficoltà a spiegare cosa succedesse in quell’ambiente di lavoro a chi non era presente e non conoscesse. Passavano i mesi (che ormai divenivano anni) e tutti i miei tentativi di rendermi utile, di amare quel lavoro, di poter manifestare la mia iniziativa erano naufragati.

Andavo sempre a sbattere contro un muro di gomma invisibile, delle forze più forti di me, era una battaglia disperata.

Ricordo che mandavo ai miei superiori progetti, idee, iniziative scritte che inesorabilmente tornavano indietro vistate e con scritto grazie. Come a dire, si va bene sei bravo ma non ci interessa nulla!

Riprendevo poi le mie belle cartacce e continuavo a fare fotocopie, fax e a scrivere insensatezze. Quante fotocopie, quanti fax, quante lettere e parole insensate..quintali di carta! Un sistema che sembra disinteressarsi completamente della presenza di esseri umani con cuori palpitanti al suo interno. E’ un meccanismo freddo che va avanti a prescindere.

Quante fotocopie, fotocopie delle fotocopie. Ogni cosa che mi circondava era una fotocopia. Io stesso divenivo una fotocopia. La copia sbiadita di me stesso. La fotocopia non sarà mai come l’originale poiché è una copia."

 

Quella che avete letto è una pagina del nuovo libro (in fase di pubblicazione) di Luigi Miano, Coach che ho ospitato altre volte su questo sito, che racconta del suo "risveglio", del suo "momento quantico" in cui ha deciso di dare finalmente una svolta alla sua vita, anzichè seguire il percorso canonico e convenzionale, approvato da tutti tranne che da sè stesso!

Luigi ci racconta il suo modo di vivere e percepire il suo lavoro nella Pubblica Amministrazione...ma di fatto ci si può sentire in modo molto simile anche in qualunque altro tipo di azienda!

Al di là delle facili critiche ad un sistema ancora piuttosto immobile e immutabile come quello della PA, ciò che bisogna considerare è sempre  il rapporto tra la PERSONA e il LAVORO, tra la PERSONA e il CONTESTO in cui si trova ad operare!

Ci sono persone che si possono trovare bene a lavorare in un certo tipo di ambiente perchè corrisponde alle proprie caratteristiche e si combina con i propri valori.....per altri uno stesso ambiente diventa un inferno....!

So che può sembrare un'eresia parlare di insoddisfazione per il lavoro che si svolge mentre la crisi morde e la disoccupazione sale... invece credo che proprio questo sia il momento giusto per far emergere anche questo tipo di disagio!

Infatti, in un periodo di forte difficoltà per le imprese (e anche per le Amministrazioni pubbliche, strette dai tagli alla spesa), il clima interno ne risente fortemente: aumenta lo stress e con esso l'insofferenza, soprattutto di chi già non viveva bene il proprio posto di lavoro!

Diverse persone che mi contattano si sentono in colpa per il loro desiderio di cambiamento e sono influenzati (anche fortemente) dalle persone a loro più vicine che lo scoraggiano da prendere una decisione così "folle" e "rischiosa". E ovviamente hanno paura di lasciare un posto in cui si trovano male perchè è comunque sicuro, mentre il fuori, l'ignoto, il futuro da costruire, spaventa!

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