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Credo che mai come in questi ultimi anni le persone non sappiano più dove sbattere la testa nella ricerca del lavoro. Decine e decine di candidature inviate senza alcun esito, estenuanti colloqui che non vanno a buon fine, contatti con persone conosciute per potenziali progetti da sviluppare che si concludono con un nulla di fatto. Ripetuti tentativi falliti che causano un forte senso di frustrazione e di impotenza.
Di fronte a questo c’è chi si arrende o si sfoga con gli amici e chi si mette su internet a cercare delle risposte e probabilmente se stai leggendo questo articolo fai parte di quest’ultima categoria!
Sui siti e sui forum online si possono trovare diversi schieramenti: ci sono quelli che accusano l’ingiustizia della crisi, le storture del sistema, l’incompetenza dei selezionatori. Secondo gli "esterni" (li chiamiamo così!), la “colpa” è di quelli là fuori che non danno la possibilità di ottenere ciò che spetta loro di diritto.
Sul fronte opposto si collocano quelli che incitano a cambiare il modo di vedere le cose, a smettere di lamentarsi e darsi fare, ad andare a prendere le opportunità che ci sono: “Se lo hanno fatto le persone di successo puoi farlo anche tu, dipende solo da te!”
I “motivatori”, se così li vogliamo chiamare, possono stare poco simpatici, ma di buono hanno che riportano nelle mani di ciascuno le proprie possibilità di riuscita, che danno una spinta (a volte anche uno schiaffone!) a chi si è arreso o abbrutito nella disperazione.
Ma, c’è un MA: raggiungere un obiettivo che ci si è prefissato non è un processo immediato perchè definire cosa si vuole è un'impresa, e perché mettere in atto le strategie "efficaci" è complesso sia a livello operativo che (direi soprattutto) a livello psicologico. E poi, anche una volta che siamo riusciti a mettere in atto le strategie raccomandate, i risultati non sono affatto scontati.
Perché?! "Semplicemente" perché ci sono cose che dipendono da noi ed altre che sono al di fuori del nostro controllo.
Questo presupposto non è così scontato come potrebbe apparire tanto è vero che i due approcci antitetici di cui abbiamo parlato prima derivano da una visione parziale della realtà. Il primo approccio che pone la responsabilità all’esterno di noi, ritiene che tutte le variabili siano al di fuori del nostro controllo. Il secondo invece, che dà tutta la responsabilità dei risultati all’individuo, ai suoi pensieri ed alle sue azioni, esclude il fatto che ci siano degli aspetti della realtà su cui non abbiamo impatto.
Vi sarà, immagino, capitato (a me è successo giusto lo scorso weekend) di programmare una gita fuori porta a casa di amici. Siete ben contenti di andarci, avete già pregustato un bel bagno di relax, vi siete organizzati con lo zaino, gli spostamenti, gli orari ecc e poi.. gli amici hanno un contrattempo (la loro casa si è allagata, la strada è interrotta, ecc...), insomma, è successo un qualcosa al di fuori della vostra volontà e contrario ai vostri desideri, che impedisce che il vostro piano si realizzi.
Di chi è la colpa?! Vostra? Degli amici? Della Legge di Murphy in azione?! Probabilmente non vi è colpa alcuna e prendersela con sè stessi o con l'universo intero sarò non solo inutile ma anche dannoso!
A questo punto cosa fa la differenza?
Sicuramente il modo di reagire: gli “esterni” rinunceranno ai loro piani, prendendosela con la sfortuna e magari decideranno di non programmare alcunché nel futuro, visto che si è rivelato assolutamente inutile.
Gli "interni" (motivati) si sforzeranno in ogni modo per portare avanti il loro obiettivo, cercheranno di smuovere mari e monti e nel momento in cui non ci riescono, capiranno che la volta successiva si dovranno impegnare di più (?!).
Capirete che nessuno dei due approcci è particolarmente “smart” e che entrambi hanno degli evidenti limiti. Il primo impedisce una risposta adeguata e adattiva mentre il secondo rischia di essere poco realistico e molto frustrante nel lungo termine!
In questi casi rassegnarsi ed affannarsi non porta da nessuna parte. Bisogna piuttosto imparare a lasciar andare, accettando le cose così come sono, adattarsi alle mutate circostanze e aprirsi alle nuove opportunità che arriveranno. Attenzione, questo non significa rimanere passivi e immobili! Affatto!
Riadattando un aforisma (che con lievi varianti è stata attribuita a San Francesco D’Assisi, Tommaso Moro e Reinhold Niebuhr) posso dire che la soluzione sta nell’ “avere la forza di cambiare le cose che posso cambiare, la pazienza di accettare le cose che non posso cambiare, e soprattutto l'intelligenza di saperle distinguere”.
Nella ricerca del lavoro vale esattamente lo stesso principio!
Ci sono degli aspetti su cui possiamo e dobbiamo intervenire per aumentare le possibilità di trovare lavoro:
Non limitiamoci al solito modo di fare le cose, non fissiamoci su determinati risultati da raggiungere per poi restare delusi, non andiamo alla ricerca di colpevoli ma della nostra strada, con la fiducia che, come accade nella vita, l’opportunità giusta ci verrà incontro (solo) al momento giusto.
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Credo che mai come in questi ultimi anni le persone non sappiano più dove sbattere la testa nella ricerca del lavoro. Decine e decine di candidature inviate senza alcun esito, estenuanti colloqui che non vanno a buon fine, contatti con persone conosciute per potenziali progetti da sviluppare che si concludono con un nulla di fatto. Ripetuti tentativi falliti che causano un forte senso di frustrazione e di impotenza.
Di fronte a questo c’è chi si arrende o si sfoga con gli amici e chi si mette su internet a cercare delle risposte e probabilmente se stai leggendo questo articolo fai parte di quest’ultima categoria!
Sui siti e sui forum online si possono trovare diversi schieramenti: ci sono quelli che accusano l’ingiustizia della crisi, le storture del sistema, l’incompetenza dei selezionatori. Secondo gli "esterni" (li chiamiamo così!), la “colpa” è di quelli là fuori che non danno la possibilità di ottenere ciò che spetta loro di diritto.
Sul fronte opposto si collocano quelli che incitano a cambiare il modo di vedere le cose, a smettere di lamentarsi e darsi fare, ad andare a prendere le opportunità che ci sono: “Se lo hanno fatto le persone di successo puoi farlo anche tu, dipende solo da te!”
I “motivatori”, se così li vogliamo chiamare, possono stare poco simpatici, ma di buono hanno che riportano nelle mani di ciascuno le proprie possibilità di riuscita, che danno una spinta (a volte anche uno schiaffone!) a chi si è arreso o abbrutito nella disperazione.
Ma, c’è un MA: raggiungere un obiettivo che ci si è prefissato non è un processo immediato perchè definire cosa si vuole è un'impresa, e perché mettere in atto le strategie "efficaci" è complesso sia a livello operativo che (direi soprattutto) a livello psicologico. E poi, anche una volta che siamo riusciti a mettere in atto le strategie raccomandate, i risultati non sono affatto scontati.
Perché?! "Semplicemente" perché ci sono cose che dipendono da noi ed altre che sono al di fuori del nostro controllo.
Questo presupposto non è così scontato come potrebbe apparire tanto è vero che i due approcci antitetici di cui abbiamo parlato prima derivano da una visione parziale della realtà. Il primo approccio che pone la responsabilità all’esterno di noi, ritiene che tutte le variabili siano al di fuori del nostro controllo. Il secondo invece, che dà tutta la responsabilità dei risultati all’individuo, ai suoi pensieri ed alle sue azioni, esclude il fatto che ci siano degli aspetti della realtà su cui non abbiamo impatto.
Vi sarà, immagino, capitato (a me è successo giusto lo scorso weekend) di programmare una gita fuori porta a casa di amici. Siete ben contenti di andarci, avete già pregustato un bel bagno di relax, vi siete organizzati con lo zaino, gli spostamenti, gli orari ecc e poi.. gli amici hanno un contrattempo (la loro casa si è allagata, la strada è interrotta, ecc...), insomma, è successo un qualcosa al di fuori della vostra volontà e contrario ai vostri desideri, che impedisce che il vostro piano si realizzi.
Di chi è la colpa?! Vostra? Degli amici? Della Legge di Murphy in azione?! Probabilmente non vi è colpa alcuna e prendersela con sè stessi o con l'universo intero sarò non solo inutile ma anche dannoso!
A questo punto cosa fa la differenza?
Sicuramente il modo di reagire: gli “esterni” rinunceranno ai loro piani, prendendosela con la sfortuna e magari decideranno di non programmare alcunché nel futuro, visto che si è rivelato assolutamente inutile.
Gli "interni" (motivati) si sforzeranno in ogni modo per portare avanti il loro obiettivo, cercheranno di smuovere mari e monti e nel momento in cui non ci riescono, capiranno che la volta successiva si dovranno impegnare di più (?!).
Capirete che nessuno dei due approcci è particolarmente “smart” e che entrambi hanno degli evidenti limiti. Il primo impedisce una risposta adeguata e adattiva mentre il secondo rischia di essere poco realistico e molto frustrante nel lungo termine!
In questi casi rassegnarsi ed affannarsi non porta da nessuna parte. Bisogna piuttosto imparare a lasciar andare, accettando le cose così come sono, adattarsi alle mutate circostanze e aprirsi alle nuove opportunità che arriveranno. Attenzione, questo non significa rimanere passivi e immobili! Affatto!
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